Nella splendida ed inquietante sala delle colonne dell'ospedale dell'Annunziata si è svolto il primo incontro sulla relazione d'aiuto del 2020. In questo luogo dove allo stereotipo, anche un po' stucchevole, della maternità sempre e necessariamente buona ed accogliente si contrappone la tangibile realtà della maternità negata abbiamo iniziato il lavoro ascoltando la quinta sinfonia di Beethoven che esprime una visione antagonistica della vita con gli opposti perennemente in lotta tra loro e in continuo mutamento. Abbiamo quindi rilevato che anche se la vita è fatta di polarità contrapposte, se le tieni armonicamente insieme può nascere una sinfonia.

Il lavoro è proseguito in maniera esperienziale dividendoci in coppie per sperimentare, nel duplice ruolo di counselor e cliente, lo sviluppo della relazione d'aiuto. All'esito, trattandosi di un gruppo di livello avanzato, ognuno è stato invitato ad esporre il proprio vissuto e come cliente e come counselor.

Si è parlato di ascolto di sé e dell'altro; di imbroglio nel mostrare una disponibilità apparente, ma di fatto priva di energia; di difficoltà a prendersi il proprio spazio e di tendenza straripare come un fiume in piena, quindi capacità di lottare per la parità nella relazione e capacità di auto contenimento; di assumersi la responsabilità di una maggiore presenza rischiando anche l'aggressività dell'altro; di misurare l'intensità del proprio intervento con la capacità dell'altro di sostenerlo e trovare il modo giusto di dire le cose caso per caso; delle modalità per rendere più chiaro il proprio intervento attraverso domande, pause, cambiamenti di ritmo.

Ognuno è stato sollecitato a cercare di mettere l'altro in condizioni di fare un passaggio, di comprendere cosa deve migliorare o cambiare nel suo modo di approcciarsi al cliente, affrontando il turbamento che genera il dire cose che potrebbero anche essere spiacevoli per l'altro ma comunque prive di giudizio e utili per fargli fare un passo avanti.
A conclusione del lavoro abbiamo riflettuto sulla considerazione che ogni cambiamento spontaneo nasce da una sofferenza per cui quando ci si trova di fronte ad una modalità ormai acquisita e consolidata tanto da non soffrirne più per fare il cambiamento è necessario uno sforzo di volontà ed un serio impegno.