Sai, a volte non serve molto.

Basta solo un luogo che fino a ieri nemmeno conoscevi, nel centro della tua città, o di una città che non ti appartiene, ma che poi ti porti dentro. Un luogo colmo di bellezza, d’architettura, libri e sculture antiche, di storia, e soprattutto di storie. Di persone che hanno calpestato gli stessi marmi, e hanno scritto e raccontato la propria vita. Un luogo che sa di nascita, di morte, di resurrezione. Di bambini nati, cresciuti soli, donati, di bambini lasciati e portati in salvo tra mani sicure. Un luogo che sa di cura.

Basta una canzone vicina che ti trasporti lontano e che ti smuova dentro. Che con occhi chiusi ti faccia attraversare il mare dei ricordi, le profondità delle acque, le onde del momento. Che ti lasci aprire lo sguardo e il cuore verso il proprio mondo interno e ti mostri nuovi orizzonti. Fino a ritrovarti nella quiete del silenzio, sulla riva, in mezzo a volti, che come il tuo, portano sulle gote il desiderio e la paura di una nuova avventura.

Bastano delle immagini di luoghi e persone lontane, sparse così, s'un pavimento, che quasi sembrano fotografare la tua storia. Donne forti, gitani liberi, mani segnate che si stringono, un vecchio lavoro che fa da ancora al dolore e al presente. E ancora gabbiani che volano verso posti lontani, bambini che vogliono indicare la direzione, altri invece in quell'equilibrio precario che profuma di cambiamento.

E poi bastano poche persone, gentili e che ispirano tenerezza. Persone che con sguardo delicato e parole leggere, entrano in punta di piedi nella tua storia, nelle stanze della tua vita, domandando, con quella bella curiosità spoglia di giudizio, quali le tue salite, le tue curve, i tuoi rettilinei, quali le strade che ti hanno portato fino a quest’adesso, ch'è meta ma anche un punto di partenza, dandoti la mano mentre guidi, e braccia forti per reggere gli urti.

Ecco, a volte non serve molto. A volte basta poco, ma quel poco che non avevi mai avuto, per prendersi cura dell'immensità che ti porti dentro.