
Report incontri dell’Accademia Imago
Studenti e insegnanti
Scuola media D’Aosta Scura di Napoli
Progetto della Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli
Primo incontro con gli insegnanti
• Presentazione del nostro staff.
• Presentazione del progetto globale con specifiche sugli interventi nei vari incontri.
• Raccolta di informazioni sulle due classi, sulla situazione globale, sul clima emotivo, sul livello di collaborazione degli insegnanti tra loro.
• Attivazione rete e collaborazione con gli insegnanti a partire dalle esigenze avvertite da loro pregnanti.
Gli insegnanti ci hanno parlato della 2 C come di una classe molto turbolenta, con un alto livello di conflittualità tra i ragazzi, ma sostanzialmente gestibile.
Nella 3 C si è verificato l’anno scorso un grave episodio di violenza sotto scuola tra alcuni ragazzi della classe, non sanato completamente. Molti allievi appartengono a famiglie gravemente problematiche, appaiono incontenibili nelle esplosioni di rabbia e/o depressi e demotivati.
E’ in atto un delicato ed impegnativo lavoro da parte di alcuni docenti ( italiano e sostegno) per ricreare un clima emotivo accettabile e attivare un rapporto di fiducia con gli adulti di riferimento. Il gruppo insegnanti stesso è profondamente diviso tra alcuni molto attivi e responsabili ed altri con un vissuto esclusivo di paura, rabbia ed impotenza quando devono entrare in questa classe.
Per opposti motivi ( speranza in un aiuto educativo e semplice piacere di parziale delega per qualche giorno) tutti hanno accolto volentieri il nostro intervento.
Primo incontro con i ragazzi
Dopo aver somministrato il test di ingresso sulla generativita’,la Dott.ssa Caterina Ventura, psicoterapeuta , la Dott.ssa Alexandra Palamidesi, psicologa,e Il Dott. Fulvio Cagnazzo hanno cominciato il lavoro, in classe con ragazzi di seconda ( la classe della ragazza che ha partecipato al progetto teatrale) e terza media.
La nostra Noemi ha raccontato brevemente ai compagni la sua esperienza teatrale e di rapporti con il gruppo della fondazione e ha risposto alle domande dei compagni in merito ( peer education).
Utilizzando Noemi come via di accesso e co-conduttrice ha preso il via il lavoro esperienziale di presentazione personale attraverso stimoli fotografici, individuazione e condivisione dei propri punti di forza e di debolezza, esplicitazione delle cose dell’altro che mi piacciono. La richiesta di esposizione e di coinvolgimento emotivo ha trovato i ragazzi dapprima sospettosi e restii, ma via via più disponibili e coinvolti per l'energia e il bisogno di esprimersi che caratterizza la loro età.
Abbiamo esplorato la dimensione della comunicazione, nella scoperta che è possibile e piacevole comunicare all'altro un proprio stato di malessere o benessere che sia, una sensazione sentita come positiva o negativa, senza temere un giudizio e che quanto detto possa essere usato contro di me. Sperimentiamo cosa ci accade emotivamente se un compagno ci racconta come ci vede da fuori e che effetto gli fanno i nostri atteggiamenti , ma tutto avviene nell’ambito di un piccolo gruppo protetto e garantito da adulti affidabili che garantiscono il riconoscimento ed il rispetto di ognuno.
Alcuni ragazzi si sono subito appassionati alle esperienze proposte, altri si sono mostrati più reticenti, eppure tutti hanno riconosciuto l'utilità del lavoro: hanno riconosciuto valore all'essere sinceri con gli altri e al consentirsi di esprimere le proprie emozioni piuttosto che respingerle o agirle.
Lo sguardo e l'ascolto dell'altro può essere inoltre la scoperta di nostri aspetti positivi poco riconosciuti con un effetto immediato di sostegno dell’autostima.
L’attenzione allo stare bene insieme ed il naturale collegamento esplicitato alle sensazioni di accettazione e benessere individuale, ha sollecitato nei piccoli gruppi la ricerca di cosa mi fa stare bene e cosa mi provoca malessere . Il passaggio che alcuni hanno più chiaro, altri meno è la possibilità di uscire dal vissuto di impotenza per generare attivamente le condizioni favorenti lo stare bene insieme.
Tutti gli insegnanti hanno aperto le porte delle loro classi con serena spontaneità, e hanno favorito il lavoro rendendosi disponibili a partecipare e a mettersi in gioco ovviamente con le proprie diverse caratteristiche di personalità.
Secondo incontro con i ragazzi
A condurre le attività questa volta c' é stato il direttore dell' Accademia Imago, lo psicoterapeuta Massimo Doriani, affiancato dalla dott.ssa Caterina Ventura, dalla dott.ssa Alexandra Palamidesi e dal dott. Fulvio Cagnazzo. Attraverso un lavoro iniziale in piccoli gruppi i terapeuti hanno chiesto ai ragazzi quali fossero i temi che sentivano più problematici all' interno della classe. I giovani partecipanti, sostenuti anche dalla pazienza e dalla dedizione di alcuni professori, hanno proposto i temi ed hanno scelto le storie su cui si sarebbero svolti i lavori successivi nelle rispettive due classi.
Il dott. Massimo Doriani, a partire dalle storie emerse dai gruppi ha condotto i due psicodrammi rendendo i ragazzi registi ed attori e quindi protagonisti attivi delle proprie vicende problematiche da elaborare.
La partecipazione delle classi al lavoro di psicodramma si é rivelata intensa e ha permesso ai ragazzi di far emergere profonde angosce personali legate ai vissuti della classe. Allievi e professori sono stati coinvolti nel lavoro di psicodramma analitico, che ha consentito di toccare argomenti difficili in modo creativo, favorendo prospettive diverse sulla situazione.
La 3 C ha chiesto aiuto per la situazione di caos che improvvisamente si scatena all’interno della classe a partire da una provocazione banale e che diviene incontrollabile con zuffe, risse e un serio rischio di farsi male. I ragazzi raccontano come questo cominci all’improvviso e senza nessun motivo e si protragga fino alla conclusione della giornata, senza che nessuno di loro, spesso neanche con l’intervento dei professori, riesca poi a recuperare la calma. La messa in scena di questi momenti con un ragazzo nelle vesti di regista che dava il via all’azione con il “ ciak ” e poi la bloccava con lo “ stop”, per poi ripetere più e più volte con tutte le variabili immaginate, ha permesso ai ragazzi di sentirsi nei vari ruoli ( chi provoca, chi reagisce, chi partecipa alla zuffa, chi divide, l’insegnante che interviene) e di acquisire maggiore consapevolezza di quanto accade e del ruolo che ognuno gioca nella rappresentazione e nella realtà della classe.Inoltre, in qualche modo, attraverso i vari “ azione e stop “ ognuno ha sentito di poter recuperare in parte il controllo dell’incontrollabile. Discutere di tutto ciò tra ragazzi e anche con gli insegnanti che hanno rivelato tutta la propria umanità e difficoltà, attraverso momenti di leggerezza, ma anche con molta serietà ha dato nuova luce sul caos e sull’oscurità delle dinamiche patologiche del gruppo.
L' energia fisica e l' attitudine caotica dei partecipanti ha lasciato il posto ad un grande bisogno di contatto e comunicazione tra i ragazzi.
L’altra classe, la 2 C ha proposto come il punto più critico e difficile per tutti, la relazione con una compagna affetta da mutismo elettivo che , quindi, dal loro punto di vista, si rifiuta di parlare con loro. A partire da un tema di esclusione, si é potuti arrivare, grazie all' impegno profondo dei giovanissimi partecipanti ad ipotizzare nuovi modi di relazionarsi con una compagna in difficoltà. Le tecniche dello psicodramma hanno consentito ai ragazzi di sperimentare il role playing, mettersi nei panni degli altri , invertire i ruoli, esplicitare monologhi interiori propri e dell’altro e così sperimentare in prima persona il vissuto dell’altro e comprenderlo meglio. Attraverso questa pratica é stato sorprendente scoprire quanto i ragazzi stessi possano farsi promotori di cambiamento generando pratiche di inclusione scolastica, dando addirittura consigli in merito agli insegnanti che ascoltavano accogliendo con piacere nuovi suggerimenti che scioglievano il loro senso di impotenza.
Gli incontri hanno subito una lunga interruzione per cause esterne ( ripetute allerte meteo, infestazione di ossiuri).
Secondo incontro con gli insegnanti ( dietro loro richiesta)
Ci tengono a raccontarci di un episodio di violenza nel quale è apparso un coltello avvenuto in classe (3C) tra gli alunni già coinvolti l’anno scorso . La famiglia di uno dei ragazzi ha minacciato la scuola ottenendo l’allontanamento dell’altro ragazzo a tempo indeterminato, con un alto rischio per lui di abbandono scolastico e di frequentazioni malavitose.
Il ragazzo allontanato viene dagli insegnanti convocato a scuola, solo se l’altro è assente.
L’ intera classe coinvolta in questa storia è sbandata, vive una rabbia impotente e sente ancora meno la scuola come un posto sicuro.
Ci raccontano anche di un non precisato tentativo di suicidio di un ragazzo che continua a frequentare.
Terzo incontro con i ragazzi
Come negli altri incontri ,il lavoro in piccolo gruppo si è alternato velocemente al lavoro di classe. Abbiamo presentato il power point , frutto della rielaborazione di quanto emerso nei primi due incontri, inserendo con l’ausilio di un video esplicativo, il tema della generativita’ e lavorando per ogni tematica emersa nel power point , di nuovo in piccolo gruppo.
Questa alternanza ha consentito di osservare le dinamiche della classe nel suo insieme e contemporaneamente di dare voce, ascolto ed attenzione ad ognuno. Il tema odierno ha permesso di evidenziare ed esplicitare ancor più la comune modalità di agire le emozioni senza pensarle.“se mi sento trascurato immediatamente scatto in azione e reagisco all'emozione della solitudine cercando di farmi vedere in un modo facile e plateale, e lancio pop corn ai compagni che mi hanno lasciato solo perché lavorano”è il racconto tradotto dal napoletano all’italiano del vissuto emotivo di Gabriele, un ragazzino ancora molto piccolo fisicamente , ma terribile disturbatore dei nostri incontri, capace di boicottare abilmente ogni momento di intima condivisione nel quale non venga coinvolto. Il suo racconto ci permette di esplicitare la difficoltà di molti a sostenere anche una minima frustrazione, forse neanche riconosciuta ne’ pensata perché per abitudine fa scattare un agito.
Obiettivo di ogni formazione è spingere la riflessione su livelli di sviluppo morale più evoluti , la capacità di identificarsi con l’altro secondo quella che viene definita la regola aurea “ non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” o ancora la possibilità di muoversi verso la ricerca di un bene comune .
Nel nostro caso proponiamo e promuoviamo l’ idea della generativita’, di poter cioè essere addirittura attori di cambiamenti che si moltiplicano.
Alcuni ragazzi più evoluti e appartenenti a contesti familiari meno patologici riescono ad immaginare e a riproporre una circolarità dello stare bene insieme, a partire dai positivi vissuti emotivi e di adeguata rappresentazione di se’ sperimentati nella propria vita e negli incontri con noi.
Ma l’idea che la gratitudine possa circolare ed espandersi in generativita' non appartiene a tutti.
Eppure molti ragazzi si sono mostrati interessati, curiosi e si sono attivati sulla proposta di attività legate a questa importante funzione sociale : in tanti hanno manifestato la volontà di spiegare ai compagni di un'altra classe quanto esplorato nell'incontro con noi, partecipando all’ importante processo di peer education.
Quarto incontro con i ragazzi
Alcuni ragazzi di 3C hanno illustrato ai compagni di 2C il PowerPoint ed i video sulla generativita’ rispondendo alle domande in merito.
Impressionante e’ stata per noi durante tutto il percorso, la percezione della ristrettezza del vocabolario ed in particolare del vocabolario emotivo, le prime risposte alle nostre domande sul loro stato emotivo non andavano oltre” bene, male, normale, così così, abbastanza, incazzato, una chiavica …”, ma piccole sollecitazioni sono bastate a far emergere le 4 emozioni principali e poi distinzioni più sottili.
Proprio valutando la velocità di apprendimento di quanto proposto ed il piacere di poter dare parola alle emozioni sperimentate, abbiamo deciso di “ lanciare” questa parola difficile da pronunciare, da comprendere e da spiegare: generativita’.
L’idea base del nostro lavoro è appunto quella di lanciare i semi di un diverso approccio, nella speranza che, adeguatamente seguiti, possano germogliare.
A questo proposito fondamentale è stata la cura della collaborazione con gli insegnanti per inserirci nel vivo del loro rapporto complesso e impegnativo con ragazzi così difficili e per condividere il nostro intento.
I primi ad esporci con espliciti racconti sulle emozioni e sul sentire siamo stati noi operatori, subito dopo gli insegnanti che hanno dichiarato le proprie emozioni singolarmente nei confronti di ogni ragazzo, consentendo loro di sentirsi visti, apprezzati, non giudicati. La generativita’ non può non passare per chi quotidianamente è impegnato in questo difficile contesto.
Abbiamo approfondito l’importanza della funzione di contenimento. I ragazzi sono bisognosi del contenimento accudente femminile e del contenimento regolante maschile; il tentativo dello staff in collaborazione con gli insegnanti è stato di lavorare su entrambe le esigenze.
Questi ragazzini di seconda e terza media esibiscono comportamenti violenti.Non sanno utilizzare le parole per dirsi le emozioni, non hanno la capacità di concettualizzare una struttura logica a supporto di una emozionalita’ in molti casi dirompente.Talvolta sembrano comunicare: “gli ho dato un buffo, ma con affetto, in realtà avrei voluto abbracciarlo”. E così anche spintoni, sfottò, azioni fisiche, a prima vista violenze gratuite prive di significato, in realtà nascondono una grande voglia di esprimersi.In questi comportamenti trapela un enorme bisogno di relazione tra i sessi fortemente pregnante di desiderio puberale. Il contatto fisico, spesso violento, ad una attenta lettura, mostra il loro bisogno di erotizzazione, camuffato da violenza, altrimenti non consentito.
Vivono la difficoltà a parlare di se’, la violenza del contesto ambientale e talvolta anche di quello familiare ,il bisogno di esplorare il mondo del contatto fisico con l’altro sesso con la dirompente energia che caratterizza la pubertà, vivono il bisogno impellente di esistere e di sentirsi visti dall'altro.
I ragazzi hanno definito la generativita' come:
“fare in pura generosità una cosa buona”, “vedere delle opere di bene che ritornano inaspettatamente”,” qualcosa che si genera a catena e ci rende contenti e gentili e ci spinge ad aiutare l'altro perché quando nessuno ci aiuta è difficile aiutare”.
Questi ragazzini ci hanno mostrato di sapere col cuore che “aiutare gli altri fa stare bene”, che " è ¨ brutto quando gli altri non ti aiutano”, “quando voglio aiutare e non lo faccio ho il rimorso e mi sento in colpa” ed è “molto importante che l'altro mi aiuti".
Quinto incontro : video interviste
“Avevo paura di fare l'intervista... ansia” -con una mano al petto e un'espressione del viso più significativa delle parole; “ poi mano mano che ho fatto l'intervista mi sono calmata, [...]. È 'stato bello, mi chiedevano cosa pensavo...”; frasi che nascondono un mondo e chiariscono che questi ragazzini vogliano essere trattati come delle persone, con loro idee e richieste, oltre che accuditi e redarguiti come giusto che sia perché ancora bambini.
Così tra entusiasmi, reticenze, paura di essere ripresi dalla telecamera per chissà quale magagna combinata, accompagnati dall’amico/a del cuore, quasi tutti si sono cimentati in questa nuova esperienza con tanto di ciak iniziale, intervistatore, videooperatore e ne sono usciti vittoriosi, come eroi dopo una battaglia contro la paura, la vergogna, il nascondimento, capaci di esprimersi e felici di essere visti ed ascoltati.
Il percorso ha dato loro la possibilità di dare valore alle proprie parole che stavolta non cadono nel nulla “perché tanto tutti se ne fregano” o perché “ non valgo nulla”, ma sono generative appunto di” voglia di fare bene a qualcun altro, perché farlo mi fa stare bene”.
E quando sanno di essere ascoltati senza essere giudicati, questi ragazzini danno sfogo al loro enorme bisogno di parlare! Come hanno dimostrato oggi durante le interviste condotte dal dottor Massimo Doriani, e le dottoresse Alexandra Palamidesi e Maria Vitiello.
Incontro conclusivo con gli insegnanti
Gli incontri con gli insegnanti hanno trovato terreno fertile nel quale abbiamo potuto commentare quanto avvenuto con i ragazzi e i piccoli/ grandi cambiamenti possibili, quando la violenta pressione dell’ambiente dei quartieri lascia un po’ di spazio.
Per buona parte di questi insegnanti il lavoro in una “scuola di frontiera” è una precisa scelta di impegno esistenziale . Abbiamo sperimentato una buona condivisione del nostro approccio e ci siamo reciprocamente espressi gratitudine per il buon lavoro fianco a fianco.
Rimaniamo aperti a sviluppi futuri.
Hanno partecipato al progetto:
• Dott. Massimo Doriani, Psicologo, Sociologo, Assistente Sociale, Psicoterapeuta, Pubblicista
Direttore Scuola di Specializzazione in Psicoanalisi con lo Psicodramma Analitico, Accademia Imago, Presidente Gruppo Imago,
• Dott.ssa Caterina Ventura, Psicologo, Psicoterapeuta,
didatta Scuola di Specializzazione in Psicoanalisi con lo Psicodramma Analitico, Accademia Imago, presidente Associazione Apodékomai.
• Alexandra Palamidesi, filosofa e psicologa.
• Fulvio Cagnazzo ingegnere e psicologo.
• Maria Vitiello, filosofa e psicologa, videoperatrice.
NOTA 1: E’ sul modello dei genitori e nelle mille piccole diatribe familiari e scolastiche che i ragazzi passano da un comportarsi bene o male per puro interesse personale , al tentativo di essere premiati ed evitare la punizione, al voler essere considerati “ bravi”, alla regola aurea “ non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, alla ricerca di principi di comportamento universali.
Obiettivo dei nostri incontri è portare alla luce come si attivano le risorse emotive e relazionali alla base di un incontro con l’altro improntato al rispetto e al riconoscimento dei limiti personali ( a partire dai propri) .
Seguendo la classificazione degli stadi dello sviluppo morale di Kolberg buona parte dei ragazzi di queste classi sembrano attivare modalità di pensiero morale piuttosto primitive che vengono definite teoricamente come” preconvenzionali.”
Appaiono cioè interessati solo alla propria convenienza e ad evitare eventuali punizioni , ma sono tutti disponibili a comprendere che esiste una convenienza dell’altro da rispettare perché in fondo questa reciprocità conviene anche a loro.
Possono quindi volentieri essere di aiuto e provare gratitudine per il compagno che li aiuta rendendo a lui stesso aiuto in cambio; sono quindi consapevoli della possibile reciprocità nel processo di aiuto.
Salendo nella linea evolutiva alcuni ragazzi si attestano su modalità definite “convenzionali”, desiderano essere considerati adeguati alle aspettative familiari e sociali “ bravi ragazzi” o capaci di “farsi rispettare e di cavarsela” a seconda della cultura di riferimento.
La possibilità di evoluzione a questo livello consiste nel sollecitare una identificazione con la posizione dell’altro o un confronto con il proprio desiderio profondo di essere “una persona che si piace”.