Prima parte

 (Napoli una via del centro storico)

Tonino e Gigino sono due amici di vecchia data. Entrambi dipendenti di una ditta di pulizie delle strade cittadine, avendo orari di lavoro diversi era da tempo che non si vedevano. Per puro caso si incontrano e dopo i primi convenevoli iniziano a pulire la strada assegnata chiacchierando. Si avviano molto lentamente verso un vicoletto, in vena di confidenza i due si scoprono entrambi disperati e con poca speranza per il futuro. Ad un tratto Gigino si ferma e con fare serio e saccente si rivolge   all’amico: 

Gigino: Caro Tonino devi sapere che nel mio ciclo di studi…” 

Tonino:  (e’ un emotivo e questo gli porta un leggero problema all’udito   “Ma quale triciclo ca” stamm’ a per’ ija muvimcc’!” 

Gigino: “Toni miettiti l’apparecchio altrimenti facimm,notte, DICEVO IO HO STUDIATO, TENGO PURE O DIPLOMA! 

 Tonino: “Ah già! me ne ero scordato…… Gigì, ma famm’ o piacere. O’ DIPLOMA seh. Nientemeno lo hai preso per alta fedeltà…, hai fatto la terza media per tre volte. E’ comm’ si l’avisso preso con e  punti che stanno sopra ai biscotti.

Gigino: Stammi a sentire, io mi ero veramente affezionato alla scuola. Tutti mi volevano bene, i professori, i bidelli, la stessa aula sembrava innamorata di me. E poi studiare era come un passatempo. In verità io ero e sono sempre stato un artista.

Tonino: “Un artista? Tu? Hu Gesù, Gesù”.

Gigino:  Ma mi vuoi stare a sentire? Si o no? Per favore non interrompermi più, ho sempre pensato a Napoli e che cosa sarebbe diventata se negli anni passati, il popolo si fosse applicato un poco in più, sarebbe bastata un poco di buona volontà un’idea in più e tutto sarebbe stato diverso…” (Tonino appoggiandosi alla scopa, lo guarda interrogativamente)  “Totò io sono convinto che se fossi nato in quei tempi…, insomma i tempi in cui Napoli contava ancora qualcosa, oggi noi non saremmo in queste condizioni”. 

Tonino: “Scusa ma quali in quali condizioni? E poi non ho capito, ma che avresti fatto? E Quando?”  

Gigino: “Aaah insomma! ma a te bisogna spiegare proprio tutto?”

 (Tonino lo guarda incuriosito). 

Gigino: “Vedi, noi adesso raccogliamo la monnezza così senza educazione nè preparazione. Insomma senza delicatezza, ò vir? accussì”.  (Versa la pala nel bidone facendo molto rumore).

 Tonino: “Embé? E che vorresti che chiedessimo pure scusa alla monnezza per essere raccolta, Signora monnezza, vi dispiace se vi abbandoniamo momentaneamente nel bidone? Scusate tra poco passerà il mio collega col mezzo e vi troverà una sistemazione più consona, ma verit nu poco a chist’.

 Gigino: “Ma stammi a sentire. Si me facevn fa a me nei tempi buoni, nun stevm accussì guaiat. Ecco, per esempio, lo vedi quel signore lì all’angolo della chiesa che vende i cuppitielli di semmente (?) Magari, invece di avere un carretto, con la merce esposta, oggi potrebbe essere addirittura proprietario di un’industria produttrice di semmente”.

  Gigino: “Ma perché esistono pure le industrie che producono e semmente? 

Tonino: “Certo! Al Nord ogni paese produce semmente, lupini, nocelline americane, ora anche italiane e sciuscelle”. (si avvicina al venditore e prende un coppetto di semmente e comincia ad aprirle) Ma il venditore li guarda e tenta di avvertirli. 

Venditore: “Facit’ attenzione avit’ pigliat e semment’ sbaglaite chest’ song’ “ spassatiempo”, (Gigino e Tonino si guardano), stateve accort”.  

Tonino: <<Embé? Non ho capito ò zi’ a che c’avessem’ sta accort?>> Venditore: chest fanno passà ò tiempo! Tonino e Gigino ridono. 

Gigino: <<O’ zi’ lo sappiamo bene, sapite quante e chest’ avimm mangiat’ ngopp o Stadio mentre aspettaveme c’accuminciava a partita>>? Venditore: Ma chesti ccà so diverse so spassatiempo, ve portano a spasso int’ò tiempo. 

 Gigino: All’anim’ da fesseria, ahahaha, nè Totò hai sentito? Mo vuo’ vede’ ca si mangiamm e semment, ce ne andiamo a spasso nel tempo? ahahah” (ride) 

Tonino: Ma questo e quel film famoso, duije uomini tornano indietro nel tempo, Gigi ti ricordi l’abbiamo visto insieme alle nostre signore?

Gigino : Ma quale film?

Tonino: Comm chilli duije ca bell’ è buono si trovano in un’altra epoca, nu’ sacc’ e risate,ma non mi ricordo come di intitolava il film.

Gigino: Ha si, si ,mi ricordo  erano Gianni e Pinotto!

Tonino: Ma no, erano...

 Gigino: Stanlio e Ollio? 

Tonino: Macché erano quelli di oggi, mannaggia, come si chiamano? 

Gigino:Chi?

Tonino: i due comici.

Gigino: Ah no, questo non me lo ricordo.

Tonino: Va buò non fa niente, io ho capito un’altra cosa, secondo me il signore qui, intendeva dire che ci fanno ricordare quando eravamo ragazzi, quando la domenica spuzzuliavamo fuori al balconcino di casa dopo pranzo, e tutta la famiglia stava affacciata a mangià e semmente. 

Tonino: Si,facite na cosa ratemmene n’euro di queste qua.

 Il venditore: Ma site sicure? 

Gigino: E ja o’ ziii,! Non ci facite perdere ò tiempo ca tenimm che ffà.  Tonino: pecché che cosa tiene da fare?” Gigino lo guarda e fa una smorfia a voler significare : niente ma a questo qui ce lo dobbiamo togliere dalle 

scatole.

 Venditore: Una volta una vecchia mi racconto’ che esisteva una jattura su queste semmente , intanto la cesta che ho qui’ non si svuota mai, poi chi le mangia per prima si trasforma nella persona più importante dell’epoca in cui finisce e infine statemi a sentire, qualche anno fa, mentre ero qui seduto a vendere la merce si avvicinò un signore ben vestito, elegante e parlava in un modo strano, toccò le semmente e poi disse , aspettate lo scrissi su un foglietto perché non me lo riciordavo Ha eccolo qua ( trae dal taschino un foglietto e legge) Laudato si mio spirito benevole finalmente le trovuasi, poi come era apparso così scomparve e da allora tutti quelli che prendono queste semmente spariscono. 

Gigino: si, si, va bene, mo’ sparimme pure nuje.

 Tonino: Per te è na parola! Nun bastasse nu sacc e semmente, Gigino e Tonino ridono di gusto e mangiano le sementi. Mentre le mangiano Gigino : “Amico mio io le ho mangiate ma come vedete sono ancora qua”!  Ma il venditore già non c’è più. Solo che Gigino e Tonino non se ne curano, conviti di essersi spostati dal posto del venditore. E comunque vengono distratti dalla scena che gli si para davanti. 

Tonino: “Gigì guarda! Stanno girando un film, mi sembrano tutti personaggi di un’epoca antica”.  

Gigino: “Hai ragione. Certo che avranno speso un sacco di soldi, tutta queste comparse. C’avessena pur putut chiammà sti mappin’ in fondo queste strade sono robba nostra le conosciamo bene. 

 Tonino: “O’ ver eh?! Ci’abbuscaveme na’ bella cos e sord”. Gigino: “Uhe Tonino ma che è cumbinat? Ma comm te vestut? Io mo c’aggio fatt’ caso”  (ride). 

Tonino: “Azzo’ io? Ma ti sei visto tu? Nientedimeno me pare nu pagliaccio con sti cazone a zompafuosso, sta fascia  in vita e poi sta cuppelella, addo’ é asciut!   

(Bambino sconosciuto, tirando la fascia colorata che tiene sui fianchi Tonino, e saltellando intorno, grida) 

Bambino: “Masanié, Masaniè, Uhe Masaniè si o’chiù forte da città” Ma Tonino intontito non capisce cosa vuole quel ragazzino e dice. 

Tonino: “Guarda stu criature che ci tiene, s’inventano qualunque cosa per cercare a carità” rivolgendosi a Gigino. Poi, rivolgendosi al bambino dice “mi dispiace picciri’ ma non ho niente, non ho spiccioli”. Il bambino prima lo guarda stranito e al tempo stesso arrabbiato poi gli fa,

bambino: Masanié damm’ nu carlino! (moneta napoletana) Tonino guarda sbigottito Gigino. 

Gigino: Guagliò io, nu teng’ manco na’ lira figurammcc’ o carlino, e poi che é stu carlino?  (Il ragazzo si allontana poi da pochi passi si gira e con una sonora pernacchia scappa via). 

Tonino: “Mo ti isegno io l’educazione, ma tu guard stu  scustumat” Dopo lo sberleffo.

 bambino: “Masaniè stann venenn e spagnuol, scitete e vir e te movere!”. 

Tonino e Gigino si guardano e sorridono e pensano ad uno scherzo del venditore di noccioline.

 D’improvviso dal fondo del vicolo compare un gruppo di uomini con vestiti colorati e bandiere. Tutti e due rimangono sbalorditi poi 

Tonino: Guarda ecco gli attori del film, jamm’ a vedé forse ci pigliano per fare a comparsa. Quindi si avvicinano e applaudono per attirare l’attenzione, ma d’improvviso vengono afferrati alle spalle da un ceffo popolano che li agguanta e strattonandoli gli grida:

popolano: Haa, allora vuje site per gli spagnoli, poi rivolgendosi ad un giovane che era accanto a lui, continua: Giacchi’a chisti duje e tagliammo a capa. Solo allora Tonino capisce, il bambino lo ha chiamato Masaniello, il popolo è contro gli spagnoli, dunque sono capitati nel pieno della rivoluzione del 1647, ma il giovane interpellato dal popolano risponde: No, non mi sembrano cattivi aspettiamo domani mattina e poi verimm. Cosi’ a forza di spintoni li spingono verso il castello del Carmine che allora era diventata la dimora del capopopolo Gennaro Annese, e ora si ritrovano chiusi in una cella sotto il livello della strada. 

Il sole sta tramontando e la cella cade nell’ombra, infreddoliti e spossati i due st anno per addormentarsi 

Gigino:“Mamma mia, ma che vogliono da noi io tengo paura” 

Tonino: Non ti preoccupare, mo’ ci penzo io, si aggrappa su verso una finestrella, ma subito si ritrae, sulla strada una marea di gente che insegue un soldato spagnolo gridando: A morte lu mal guverno viva il Re  di Spagna. Si odono voci, urla e scoppi, tanto fumo da rendere invisibile quello che succede fuori. Tanta gente si affolla e si fermano proprio davanti alla finestrella del carcere che è a livello della strada, la folla rallenta e un dei rivoltosi si affaccia alla finestrella meravigliato grida

Rivoltoso: Masanié ma che ci fai in galera, chi ti ha cacciato laggiù? (Tonino ha già capito che in quello strano sogno, lui interpreta la parte del capopopolo Tommaso Aniello d’Amalfi detto Masaniello).

Tonino: Faciteci asci’subito, altrimenti vi faccio vedere io. Prima che il sole scompaia completamente sentono una voce dietro alla porta della piccola cella che ordina la loro scarcerazione la voce era del giovane che poco prima lo aveva riconosciuto, poi gli consigli di recarsi subito alla chiesa del Carmine Maggiore perché a quell’ora esce dalla messa proprio il viceré Don Rodrigo Ponce de León, la cosa  gli era stata riferita da uno strano prelato che lo aveva avvicinato, e cosi’ appena fuori sebbene stanchi e infreddoliti si allontanano velocemente per raggiungere la chiesa del Carmine Maggiore, Prima di andare a quell’incontro Masaniello domando’al giovane se conosceva il nome del prelato, il giovane ci penso’ un poco e poi rispose: Mi pare che abbia detto io sono Don Giulio (Genoino). Prima di giungere alla chiesa furono fermati da un gruppo di donne una delle quali, minaccio’ 

Masaniello-Tonino, con queste parole,

 Donna: Masanié, tu e o’ cumpagno tujo vedete di comportarvi bene con le gran dame, perché altrimenti TUA moglie, indicando sé stessa e le sue compagne, vi raddrizzeranno il pelo! Turbati e impensieriti dalle minacce i due si avviarono veloci verso la chiesa. Gigino aveva un problema: quando si innervosiva, gli veniva meno l’udito infatti non aveva capito chi era quel nobile e che cosa avrebbero dovuto fare, una volta incontrato quel Don Errico Puzza e lione

Masaniello-Tonino, lo guardo’ scoraggiato e disse arrabbiato: 

Tonino: Ma quale don Errico puzza e lione? Quello è il Viceré Don Rodrigo Ponce de Leon, dovremo obbligarlo a cancellare la tassa di famiglia

Gigino: Ma perché dobbiamo pagare queste cassa di bottiglie, se non abbiamo comprato nulla? 

Tonino:Huu’ sei nu’ Guajio e notte, tu e queste orecchie appilat’.

Gigino: No, ora ti devi fermare e spiegarmi che cosa centra Ponzio Pilato, in tutta questa storia” 

Tonino: Madonna mia…, dopo ti spieghero’, adesso seguimi e senza parlare.

Davanti alla chiesa c’era una gran folla urlante e Don Rodrigo, il viceré, spaventato non riusciva a muovere un passo, si fece avanti 

Masaniello–Tonino,(grido forte): Signore il popolo ha fame, bisogna eliminare le tasse, e dare ai napoletani la libertà. 

Gigino: Si, Si, vulimm a liquidità. Ma un brutto ceffo che gli era accanto lo guardò male, allora Luigi intimorito si avvicino’ a Masaniello-Tonino, che intanto era stato invitato dal viceré al palazzo reale. Cosi insieme al suo amico salirono sulla carrozza vicereale. 

Durante il percorso diverse dame di compagnia della viceregina, convinte dalla stessa viceregina a essere carine con i due popolani per portarli dalla parte dei regnati. Le dame sorridenti e felici dell’incarico con occhi languidi guardavano ora uno, ora l’altro, ma Tonino e Luigi volevano solo ritornare alla loro epoca e non davano importanza alla cosa.

Giunti nel grande Palazzo le guardie spagnole salutarono il viceré e meravigliati guardavano i due popolani, il comandante ad alta voce disse: “Empresa atenta, escolta por delante” (Compagnia attenti, scorta avanti),

Gigino: Ma perché ci siamo messi in questa storia?  Che vo’ mo’ chist’, che è  “st’impresa attenta per i dilettanti”. 

Tonino: Adesso fammi il piacere non parlà chiù, qualunque cosa senti o vedi, fatti i fatti tuoi, capito”? Saliti nella grande sala il viceré accompagnato da alcuni ministri, si avvicino’ a Tonino, promise che sicuramente avrebbe abolito la tassa di famiglia e quella sul grano, il prezzo della farina sarebbe stato equo e quindi accettabile per il popolo. Tonino: Non mi basta, guardando Luigi, ora prima che succeda qualcosa di grave dovete cercare in tutta Napoli un venditore di semmente e portarlo davanti a me, furono cosi invitati per il giorno dopo per cercare di risolvere tutti i problemi esposti dai due. Il giorno dopo Tonino-Masaniello aveva dismesso gli abiti da pescatore, con un gran cappello piumato si reco’ con il suo amico a palazzo.

Fecero parecchie ore di anticamera e infine furono ricevuti da un ufficiale della guardia con la scusa che il viceré era stato convocato in un paese vicino per ordine del Re di Spagna (in verità il viceré si era allontanato solo per paura).

L’ufficiale li assicuro’ (mentendo), che per ordine del viceré Sua Eccellenza Don Rodrigo Ponce de León y Álvarez de Toledo duca d'Arcos,  Grande di Spagna e viceré di Valencia, IV duca di Arcos, VII marchese di Zahara, IV conte di Casares, XI signore di Marchena, VI conte di Bailén e VIII signore di Villagarcia, tutte le richieste del popolo saranno esaudite. 

Gigino: “Ma chi song’ tutta sta’ gente, noi avimm’parlato  con uno solo” Tonino: “Ma no, chist è uno solo” 

Gigino: Con tutti questi nomi? Ma sai che ammuina e ridendo, pensa se teneva fratelli e sorelle come me, quando mammà ci  chiammava     uno alla volta, per mangiare a mezzojiuorno, ci appresentavano alle otto di sera tutti quanti ” .

Accanto all’ufficiale c’erano alcune delle dame del giorno prima che ancora cercavano di attirare l’attenzione dei due su di loro mostrando generose scollature.

 Gigino: sorridendo si avvicino alla più procace ma le attenzioni erano per Tonino il quale sebbene attratto dalla generosità di quel seno ricordava bene le minacce della moglie e delle sue compagne per cui si trattenne;

Furono invitato per la sera stessa a un grande pranzo dove avrebbero discusso dei problemi e intanto avrebbero potuto godere di ogni ben di Dio. Tra un bicchiere di vino e una portata la dama che aveva adocchiato Tonino si muoveva e pareva che stesse facendo un piedino allo stesso, ad un tratto Gigino senti’ che qualcuno sotto il tavolo gli toccasse il piede, penso’ immediatamente alla bella dama e felice rispose al segnale. Finito il pranzo Gigino aspettava l’invito della bella dama ma si avvicino’ una donna abbastanza corpulenta che sorridendo si presento’ come la Duchessa Dos Buttillion.

La nobildonna maliziosamente invito’ Gigino a passeggiare in giardino ma Gigino aveva capito che c’era stato un errore, non era il piede della bella dama che lo toccava ma era quella specie di piede di porco della duchessa. Con una scusa si ritiro’ quasi si nascose dietro le spalle di Tonino e gli  sussurra: 

Gigino: vedi un poco che vuole quella signora ha detto di chiamarsi Dos Buttiglion, ma a me para più grossa e na’ damigiana. Cerchiamo di allontanarci perché a questo punto preferisco la mia Concettina (la moglie) che è un poco in carne ma a confronto tiene na’ siluette. “

Tonino: Si hai ragione, sospiro’ Tonino, ma ricordati che abbiamo una missione da compiere”, quindi porse il braccio alla bella dama lasciando Gigino negli affettuosi complimenti della Buttiglion. 

Cosi Gigino quasi intimorito dalla mole della dama cerca di tergiversare ma la donna lo trascina in una camera segreta la vicina. Gigino scopre che quella è proprio una camera da letto. La dama lo guarda fisso negli occhi dice: 

Buttiglion: Acepta un vaso pequeño de orujo, (tipica acquavite spagnola, intenzionata a stordirlo, ma Gigino rifiuta dicendo che nel vaso di pechegna non c’era nessun orologio, la dama pero’ insiste lo prende per una mano e continua): Alma de mi corazón! (Anima del mio cuore), 

Gigino: Signora Buttigliona, io stongo calmo è nun saccio  che ora sono”. 

Buttiglion: Busco una noche de fuego” (io cerco una notte di fuoco), Gigino: Mo va truvann e s’abbuscà na’ noce, da dentro o frigo, ma addo’ e vaco a piglià a quest’ora”. La grossa dama quasi si avventa addosso al povero Gigino, che con un acrobatico salto schiva la presa e la poveretta batte la testa sul bordo del grande letto rimanendo stordita, anche gigino per effetto dell’acquavite si addormenta di colpo vicino alla duchessa.

 Nell’altra camera invece Tonino si è dato alla pazza gioia ride scherza e beve molto anche lui la stessa acquavite anche lui come Gigino non regge l’alcool e mentre tenta di abbracciare la prosperosa dama cade in un sonno profondo. Al mattino sia Tonino che Gigino non voglio raccontare la loro verità sulla serata e allora si sbizzarriscono in incredibili fantasie, raccontate cosi’ bene che anche le due donne ci credono. Dopo i saluti dissero che era l’ora di ritornare alle loro case con la promessa alle due dame che si sarebbero rivisti, ma ora desideravano tornare alle loro abitazioni, cosi’ felici di avere risolto i problemi che assillavano il popolo e di essere riusciti a uscire dal palazzo abbastanza facilmente; Giungono alla loro abitazioni ma sulla soglia di casa li aspettano le consorti che in un primo momento si erano preoccupate per la lunga assenza poi avevano saputo da comari del quartiere che i due si erano trattenuti con alcune dame di corte. Ecco che dagli abbracci e saluti arrivano le botte, Gigino inseguito da Cocetta (la moglie) che armata dell’attrezzo di lavoro del marito lo minaccia: 

Concetta: Mo’ mo’ mi devi dicere chié stu’ Buttiglione”, confondendo la dama con un uomo, il poveretto riesce a svoltare il vicolo per arrivare a casa di Tonino-Masaniello, ma anche Tonino non se la passa bene, infatti affacciato alla finestra di casa chiede aiuto addirittura al popolo; 

Passata la burrasca nei giorni successivi i due si occuparono veramente dei bisogni del popolo. Avevano preparato una sorta di tribunale dove venivano portati chi secondo il parere del popolo si era comportato male favorendo gli spagnoli;

Un giorno legato con una grossa fune viene portato davanti a Gigino che fungeva da presidente un uomo arrogante dallo sguardo cattivo,era  accusato di usura avendo prestato soldi pretendeva il saldo del debito con una cifra enorme.

Gigino: Dunque, disse Gigino, vuij siete l’avvocato Pernacchia? “No, scusate io mi chiamo Pennacchio” “ Nu fa niente, risponde Gigino, qui’ sta scritto Pernacchia e per me sit na Pernacchia, quindi, pernacchia per pernacchio io vi condanno a rinunciare ai soldi prestati e in più ogni mattina per sei mesi, i vostri vicini vi saluteranno con un coro di pernacchie!

All’altro tribunale presieduto da Tonino-Masaniello, uno spagnolo porto’ in giudizio due ragazzi che gli avevano venduto un vecchissimo asinello camuffato da vitellino. I due ragazzi si difesero a gran voce:

 ragazzi :Masanié nun è overo, nuij l’avimm purtato nu vitellino, ma poi isso con arte magica la trasformato in asino, Masaniello pero’ volle credere allo spagnolo e allora decise che i ragazzi si sarebbero ripreso l’asino e quando gli sarebbe capitato tra le mani un vitello lo avrebbero portato all’incauto compratore, il quale felice per questa determinazione lascio’ sorridente il tribunale. 







La sera successiva arrivarono due misteriosi personaggi. Avvolti in mantelli nonostante la serata abbastanza calda sembravano volere nascondere la loro identità. Entrati nella misera casa del capitano si presentarono a Gigino che ora viveva quasi stabilmente in casa di Tonino-Masaniello, come il marchese  Rossou  De Sufritt   pari di Francia, e il conte Alfred Von Sientenpell. 

Incredulo Gigino mando’ un ragazzo a chiamare Tonino-Masaniello; : Ragazzo: Masanié curr’ vieni dentro che a casa tua è arrivato o’ suffritt’ russo e con a cientepelle fredda. 

Tonino: Non è possibile a casa mia queste cose non si mangian più da quando sono Capitano del popolo” (Soffritto con salsa piccante e cientepelle fredda, trippa all’insalata). Chiarito l’equivoco i due nobili francesi dichiararono che erano giunti in missione per aiutare i napoletani   a liberarsi dal dominio spagnolo.

Ma Tonino-Masaniello aveva alle spalle Don Giulio che gli assicuro’ che non avevano bisogno di alcun aiuto e sarebbero stati capaci da soli di vivere tranquillo sotto la protezione del Re di Spagna.

Ma il destino aveva deciso diversamente per i due, tornati nella parte bassa della città presero parte a quei tragicomici processi, poi per diversi giorni si fecero festa e tutta la città era convinta ormai di avere raggiunto la giustizia sociale. Purtroppo Masaniello (Tonino) e il suo compagno (Gigino) furono accusati il primo di pazzia e il secondo di tradimento, istigati dalla corte vicereale il popolo stesso li condanno’ a morte; chiesero a Masaniello una sua dichiarazione sulla attuazione dei programmi quindi l’appuntamento e fu fissato nella chiesa del Carmine Maggiore. Durante il percorso si avvicinò il solito giovane rivoltoso e a bassa voce disse a Tonino-Masaniello 

Rivoltoso: Statt’ accorto nella chiesa ti vogliono uccidere! 

Tonino riferi’ a Luigi che cominciò a tremare come una foglia, ad ogni passo pareva cascare, ma ecco che all’angolo della strada che portava alla Basilica videro il venditore di semmente, di corsa lo raggiunsero contenti di essere sfuggiti a un tremendo destino. 

Tonino: Ué tu staj ca’, ma che è succies’ dici a verità nuje stamm’ sognando 

Venditore: No, e sorridendo io vi avevo avvisato che queste sono semmente speciali.?

 Tonino: Beh se questo è uno scherzo a noi non ci piace, percio’ facitc’ o’ favore, poi con tono minaccioso aggiunge, vulimm’ turnà a casa nostra>>! 

Il venditore: E allora, pigliatevi nata manciata di semmente e speriamo bene.

 Prepara un cuppitiello di semi, Gigino li guarda titubante, ma Tonino lo incoraggia. 

Tonino: Guarda a me e cosi ne mastica qualcuno, Gigino incoraggiato ne mangia anche lui e cosi come è apparso scompare. Non sanno che succede ma nel sogno odono scoppi, tanto fumo, voci gioiose e lamenti.










L’avventura con il Nobiluomo

Raimondo de Sangro Duca di Torremaggiore e Principe di Sansevero

 

Un vento improvviso li sveglia in una gelida notte d’inverno, si ritrovano con i loro attrezzi in piazza San Domenico davanti al palazzo de Sangro. Si guardano attorno, e delusi lasciano cadere le scope, speravano infatti di essere tornati a casa o quanto meno di essere finalmente svegli. D’improvviso alle loro spalle un signore molto elegante con marsina argentata, un parrucchino bianco con codino legato sulla nuca da un nastro nero. In silenzio guarda i due e poi dice:

Servo di palazzo: Molto bene siete i nuovi servitori? Senza attendere risposta prosegue, venite dunque, vi faro’ vedere i laboratori dove sarete occupati per le pulizie. Senza capire i due si guardano e poi seguono il signore. Tantissime scale appena illuminate da fiaccole l’ambiente mette i brividi ai due ma finalmente arrivano in una grande sala nei sotterranei del palazzo. Nella sala ci sono tantissimi strumenti, un grosso calderone con un liquido verde che bolle.

 Tonino: Gigi’ ma la senti questa puzzetta di cavolo? Se questo ci paga bene potremmo arrangiare un poco di pulizia e uscire subito. Gigino: Hu! Gesù nata vota! Comm’ ti sei vestito adesso sei tu che sembri una maschera di carnevale>>. Gigino si guarda e effettivamente ora come per magia indossa una splendida marsina con cuciture in oro e argento e non capisce cosa sta succedendo, aspetta, , qui bisogna chiarire tu ora chi sei? E cà che ci facciamo?  Alle loro spalle appare un altro servitore che ossequiosamente si rivolge a Gigino dicendo con voce cavernosa: 

Signor Principe è tutto pronto, i corpi sono là e aspettano il vostro intervento. 

Tonino: Va bene, io comincio a mettere un po di ordine, ma tu guarda che roba una lampada accesa qui vicino puo’ essere pericolosa, e con poderoso soffio spegne la fiammella. Allora atterrito il servitore si scaglia contro Tonino gridando: 

Servo: Incosciente, ignorante, figlio di ignoranti, hai spento il lume perpetuo il più grande esperimento di sua Signoria il Principe. 

 Tonino: E vabbuò, continuando a spostare le cose, se si è spento significa che non era poi tanto perpetuo, poi si ferma e guardando Gigino, dice: ma che é questo fetore?  Questa puzza mi pare che venga da questi due manichini, guarda come sono sporchi, ma dove li ha presi da dentro la monnezza?  Gesù, esclama ma chist’ song’ duije muort’! si allontana mettendosi alle spalle di Gigino, il quale anche lui terrorizzato li guarda e poi dice: 

Gigino: Ma no, sono manichini non vedi? Poi facendosi coraggio si avvicina, seguito da Tonino. Mentre ancora impauriti alle loro spalle si presenta ancora il servitore con affilati strumenti chirurgici, dal tavolo al centro della sala prende una grossa sega da falegname e si avvina ai due con uno strano sorriso, poi guardando ancora Gigino dice: 

Bene, Principe possiamo iniziare, io consiglierei prima di togliere la pelle e i muscoli e poi procedere alla pietrificazione. 

Gigino: Anto’ squagliamm chist’ adda essere minimo, minimo nu’ pazzo, salgono di corsa le scale travolgendo al loro passaggio gli alambicchi, le bottigliette di vetro e le ampolle spargendo il contenuto sul pavimento, infine con il manico della scopa che Tonino non aveva abbandonato agganciano il grande pentolone di liquido bollente; appena il contenuto tocca il pavimento si leva una grande nube di vapore, ed ecco che si ritrovano nella piazza dove una folla inferocita cercano di picchiarli in quanto avevano (il principe riprodotto il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro) fortunosamente si ritrovano accanto al venditore di nocciole; 

Tonino: Ah vuj stat’ ancora qua, ma insomma vogliamo svegliarci (pensando ancora di sognare c) Comm’ avete fatto a farci fare lo stesso sogno? 

 venditore: Allora non avete capito niente, questo non è un sogno vuj veramente state viaggiando nel tempo e la causa sono i semi di zucca, ora se volete tornare a casa ne dovrete mangiare tante per quanti anni vi separano dal vostro tempo, i semi funzionano come un orologio attraverso i secoli.

Gigino: Mamma mia, ijo non ci riesco, tengo mal’ e panza, non riesco a raggiungere casa mia.

Tonino: Aspetta, proviamo ancora una volta e vediamo che succede, cosi’ facendo ingoio’ rapidamente alcuni semi.

 

Terza puntata

(Ferdinando IV)

 

Ecco che ora si ritrova sotto il colonnato di piazza del Plebiscito, mentre Tonino cerca di capire almeno in che anno è capitato, si sente chiamare: 

GIGINO: Tonino aijutami, non posso resistere devo andare in bagno,(alle sue spalle era comparso Gigino che con una smorfia di dolore pallido in viso si toccava il ventre). 

  Tonino:  Ma tu guarda nu poco addo’ siamo capitati, ijo non c’è la faccio più…, e mo’ che facciamo?

 Gigino intanto si è avvicinato a una bottega di vino per potere usare il bagno, chiede un bicchiere di vino e corre verso i servizi. Dai servizi si leva un grande rumore, al buio Gigino, prima ha calpestato la coda del cane del padrone che si era accucciato proprio nella stanza, l’animale spaventato e dolorante tenta di azzannarlo nella fuga Gigino rovescia un grosso vaso sul pavimento e un liquido puzzolente e schifoso inonda la bottega,  inseguito dal bottegaio e dal cane scappa nella piazza seguito da Tonino; 

Dopo avere girato per quasi tutto il colonnato si fermano ansimando dietro l’ultima grande colonna  e notano sulle scale un gruppo di giovani che giocano ai dadi. 

Uno dei giocatori è un uomo grande e grosso ride sonoramente, è sicuramente il capo della combriccola, poi con fare da guappo intasca i soldi delle scommesse anche senza averne diritto.  Per curiosità si avvicinano e notano che tutto il gruppo e d’accordo per imbrogliare uno dei giocatori, allora presi dalla rabbia alzano minacciosamente le scope, ma Tonino non ha più la sua scopa in compenso gli è cresciuto a dismisura il naso

Gigino : Toni’ ma come è che ti è cresciuto il naso assomigli a Re Nasone, ti ricordi il quadro che abbiamo visto la settimana scorsa al palazzo reale? (Si trattava del ritratto di Ferdinando IV detto cosi dal popolino proprio per il grande naso).  Entrambi si rivolgono, all’incauto giocatore, 

Gigino: ma non vedi che ti stanno imbrogliando? Il capo della banda li guarda minaccioso poi meravigliato a bassa voce si avvicina a Tonino e gli sussurra: 

Giocatore: Maestà ma se siamo d’accordo poi dopo dividiamo la vincita. La vittima del gioco si alza e tenta di colpire Tonino, cosi incomincia una zuffa tra i lazzaroni che difendono il Re (Tonino) e il giocatore. Il giocatore si alza e si allontana mentre gli altri continuano la lotta. Gigino e Tonino lo seguono per fermarlo ma a pochi passi da loro appare un drappello di soldati che avvinandosi ai tre si fermano, l’ufficiale che comanda inchinandosi leggermente dice: 

Ufficiale: Maestà avete bisogno d’aiuto? 

Tonino (Re): No, no, (ormai entrato nel personaggio), non sia mai detto che Ferdinando IV non sappia sbrigarsela da solo, (fa un segno convenuto al capo della banda e continua), prendete questi lazzaroni e portateli all’albergo San. Francesco (carcere borbonico) poi deciderò cosa fare di loro. 

Cosi scortati dai soldati si avviano verso il palazzo reale, congedano i lazzaroni dando a quello che sembrava il capo un piccolo sacchetto di monete, il quale lo guarda maliziosamente soppesando il sacchetto. Giunti alla grande scala che porta ai piani superiore c’è una signora molto elegant  e, (Carolina la Regina) circondata da un gran numero di dame. La signora li guarda severamente per un attimo poi volta le spalle dicendo 

Regina:   Diese Neapolitaner werden niemals lernen, sich zu benehmen. (Questi napoletani non impareranno mai a comportarsi). Tonino, che nella sua lunga carriera di netturbino aveva imparato un poco di tedesco dai tanti turisti di passaggio città, dice a Gigino:

Tonino : E Capito?  Chella (quella) signora, ci sta offendendo, ma foss’ una’e chelle da lega ? Mentre pensano come rendere la dovuta risposta alla signora, alle loro spalle sale di corsa un ufficiale della guardia che dice: 

Ufficiale: Maestà, la Regina, indicando la signora in cima alla scala, voleva avvisarla che nel palazzo si è introdotto di nascosto un giacobino con l’intenzione di attentare alla vostra regale persona. 

Gigino :Ma chi è stu’ Giacomino che ti vuole fare un regalo?

 Tonino(Re) :Ma quale Giacomino, ma quale regalo? Qui qualcuno mi vuole uccidere…, Gigi fujmm’ (fuggiamo).

 Cosi da una scala segreta, nota solo al Re, si ritrovano giù nei pressi del porto e li incontrano ancora il venditore di noccioline, che si sta allontanando, a alta voce lo chiamano e senza domandare nulla ingoiano velocemente alcuni semi di zucca (le semmente).





Le quattro giornate di Napoli

 

Il loro viaggio segue con immagini indistinte e sovrapposte, poi si svegliano grazie a un violento calcione dato al piede di Tonino, attorno a loro tanta gente impaurita, sentono rumori e assordanti e allora capiscono che si trovano in uno dei tanti ricoveri durante i bombardamenti del 1943. Suonato il cessato allarme, storditi e confusi risalgono, le scale che li portano in superfice ma ora la città sembra deserta. Stanchi e disorientati si siedono sulle scale della vicina chiesa e chiudono gli occhi, d’improvviso un altro calcione questa volta a Gigino.

Davanti a loro c’è un soldato con tanto di elmetto e fucile che li guarda, Tonino da una gomitata all’amico ancora addormentato, il quale credendo di stare a casa sua dice:

Gigino: Concè (Concetta è la moglie) fammi riposare ancora un poco, sto’ stanco, poi si sveglia anche lui di soprassalto udendo una voce gutturale Soldato:  Ihr zwei Bettler steht auf und folgt mir.   (Voi due mendicanti alzatevi e seguitemi).

 Gigino: Mo’ che vuole quest 

 Tonino: (capisce il tedesco) Niente, non ti preoccupare vuole che lo seguiamo, forse vietato addormentarsi sulle scale della chiesa, ma mo in che anno siamo? Ma il soldato li incalza spingendoli con la baionetta del fucile

Soldato: Kraft schnell (Forza veloci). Mentre proseguono per via San Potito che porta al Museo Nazionale, alle loro spalle rumorosamente arriva una camionetta tedesca da cui un ufficiale grida 

Ufficiale tedesco: Erschieße sie und renne zum Kommando (Fucilali e corri al comando), Tonino capisce ma tace, si guarda attorno e nota in un angolo della strada un piccolo involto, aspetta che il soldato si era allontanato per parlare con l’ufficiale, senza pensare a lungo prende l’involto e scopre che è una bomba a mano, quindi ne strappa la sicura con i denti e la lancia verso la camionetta che si incendia. Storditi e tremanti raggiungono il civico 23, attaccato al muro c’è una ordinanza prefettizia con la data: 28 settembre 1943

Gigino: Tonino allora stamm’ man’ e tedeschi! 

Davanti a loro si presenta un altro soldato che fortunatamente non ha assistito alla scena precedente, ma comunque li minaccia con il fucile.

Tonino ha capito e ha già in mente un piano, fa finta di non conoscere il tedesco e notando che il militare doveva essere uno della sussistenza infatti si presentava robusto e pienotto, Tonino sa della golosità dei tedeschi per il buon vino italiano, chiede al soldato di potere bere un bicchiere di vino bello fresco che ha nella cantina del suo palazzo, anzi aggiunge se ne vuoi posso prendere un buon fiasco di vino gelato anche per te 

Tonino : Anzi, te ne portero’ una damigiana intera cosi la dividerai con i tuoi camerati, naturalmente il mio amico viene con me perché la damigiana e da dieci litri. Pregustando il vino il soldato accetta lasciandoli andare, sicuro di se, rimane fermo di guardia con il fucile imbracciato davanti al grande cancello di accesso, ma non sa che il palazzo ha un’altra uscita che sbuca sotto il colle di San Potito in via Pessina. Arrivati all’altro ingresso Tonino e Gigino danno una occhiata lungo la strada, anche questa appare insolitamente deserta, per questo i due cercano di allontanarsi velocemente, aumentando la velocità mano, mano che si allontanano fino a che la loro diventa una vera e propria corsa. Corrono verso il Museo nazionale, d’improvviso si parano davanti a loro tre militari, per un attimo i militari guardano i due e anche Tonino e Gigino si fermano, poi i tre, fanno dietro-front e cominciano a correre lungo la grande strada di Foria. A questo punto a Tonino e Gigino non rimane che inseguirli infatti non hanno capito la fuga dei tre. Alle loro spalle era comparsa una folla di uomini, donne e bambini che credendo, Tonino e Gigino i primi due napoletani ribellatisi ai tedeschi, si erano uniti a loro per combattere. Inutile dire che dopo altri tre giorni Tonino e Gigino erano diventati una leggenda per la città, pare che uno dei due da solo aveva fatto fuori, un carro armato, diverse mitragliatrici piazzate per le strade cittadine e bruciata una nave intera giù al porto. 

Durante i festeggiamenti per l’arrivo delle truppe americane in città, riescono a intravedere il venditore di semmente, lo raggiungono riescono ad agguantare una manciata di semmente e cosi come per magia come è incominciato quell’incredibile avventura credono che sia terminata, Napoli era quella che conoscevano, non più macerie ne soldati tra le strade ma gente tranquilla che passeggiava.

Finalmente svegli (secondo loro), senza accennare al sogno riprendono a pulire la strada, arrivano cosi nei pressi di P.zza Dante dove c’è una manifestazione in ricordo delle eroiche “4 giornate”.

 La piazza è gremita di gente, genitori e nonni che raccontano ai nipotini, si avvicinano cosi a uno dei gazebo dove sono esposte le foto di gruppi di cittadini più o meno armati, volti sofferenti ma felici per la liberazione;

Gigino: Toni guarda sti guagliun’sembrano proprio guerrieri antichi.

Tonino: Veramente pero’tengono a faccia de scugnizz’ che bella gente simm’;

D’improvviso Gigino rimane si ferma e rimane meravigliato davanti a una foto, mentre Tonino continua il suo giro poi si accorge di Tonino dopo averlo chiamato, ritorna su i suoi passi e sua volta guarda la foto, sono proprio loro due stravolti in viso ma erano loro, sotto la foto in neretto c’è scritto:

“ Ai due sconosciuti eroi del popolo napoletano, primi e da soli senza alcun timore misero a repentaglio la loro giovane vita. Scontratosi  con una nutrita guarnigione germanica, con coraggio e abenegazione diedero  il via all’eroica insurrezione popolare del 28 settembre 1943”

Napoli grata ricorda.

XXVIII SETTEMBRE MCMLIII

 

Gigino: Tonino Jamm’ allong’ o pass, andiamo via mo’ mi sto mettenn’ over paura! Nu sacc’ che è succies’ e non m’ piace’.

Tonino : Cercamm’ e turnà a casa, avimm’ furnut o’ turn’.

Cosi si avviano tranquillamente ma per strada sentono alle loro spalle la voce dl venditore di nocelline….Si guardano e cosi iniziano apparentemente correre senza ragione cercando solo di allontanarsi velocememente.

 

 

 

O' spassatiempo

I due protagonisti sono Tonino e Giggino, amici di vecchia data, nonché operatori ecologici incaricati della pulizia di alcune strade di Napoli. Si tratta di due persone di scarsa cultura che, dopo anni di duro lavoro, si interrogano sulle loro vite e sulle scarse possibilità offerte dalla città di Napoli. I due recriminano i loro avi, li ritengono colpevoli del tracollo economico, finanziario e politico della città e quindi personale. Sognano di poter tornare indietro nel tempo, per poter fare qualcosa e cambiare così le sorti di Napoli, e anche le loro. Si ritrovano a un certo punto davanti ad un venditore di frutta secca e ricordano che, nel dialetto napoletano, il nome con cui si indicava la frutta secca era “spassatiempo”, proprio perché mangiandola, si diceva che il tempo scorresse più in fretta di quello che si potesse immaginare.

I due, dopo aver ironizzato sulla terminologia dialettale, si ritrovano, senza accorgersene, a viaggiare letteralmente nel tempo.

Dapprima vestiranno rispettivamente i panni di Masaniello, storico rivoluzionario napoletano, nonché quelli di un popolano dell’epoca.

Dopo aver vissuto alcuni episodi della vita di Masaniello, proprio quando sembrava esser arrivata la loro fine, ecco ricomparire la costante di tutte le epoche, il venditore di “spassatiempi” che li traghetterà in una nuova epoca, salvandoli dalla tragica fine dello storico rivoluzionario.

Dunque si ritroveranno a vestire i panni di Raimondo di Sangro, misterioso principe di Sansevero, nonché del suo aiutante. Dopo aver effettuato alcuni esperimenti, quelli che hanno reso celebre il personaggio (la luce perpetua, la riproduzione del sangue di San Gennaro, la macchina anatomica, il Cristo Velato), prima di essere linciati dal popolo, offeso per il tentato oltraggio al Santo Patrono, ecco che i due ritrovano il famoso venditore di “spassatiempi” che provvidenzialmente li salva, ancora una volta, traghettandoli in un’altra epoca.

Quindi si ritrovano a vestire rispettivamente i panni di Ferdinando IV di Napoli, proclamato re a soli 8 anni, e di Bernardo Tanucci, consigliere del re. Poco prima della presa della città da parte dei francesi, i due incontreranno ancora una volta il venditore di “spassatiempi” che li traghetterà in un’altra epoca.

In quest’altra epoca i due si ritrovarono nei sotterranei di Napoli, per difendersi dai bombardamenti. Vestiti di stracci, i due si troveranno a combattere, senza volere con azioni di guerriglia urbana, i nazisti, durante le storiche 4 giornate di Napoli.

Poco prima dell’arrivo degli alleati, però, i due vengono catturati dai nazisti e condannati a morte. L’ultimo desiderio, sarà quello di poter bere un buon bicchiere di vino il soldato che li ha catturati gli da il permesso di andare a prendere del vino in casa, ma con un trucco i due riescono a sfuggire all’esecuzione.

Ecco che ricompare il venditore ambulante (costante di tutte le epoche, ma vestito a seconda dell’uso del tempo) che gli porta gli “spassatiempi” e li salva ancora, facendoli viaggiare nel tempo.

 

 

 

Gli autori: Francesco Capuano e Stefano Esposito