Perché una Scuola in Teatroterapia?
Una risposta esaustiva a questa domanda, nelle poche righe da dedicare ad una breve introduzione su questo progetto e sugli obiettivi che lo animano, sarebbe impossibile. Dunque proveremo a tracciare un sintetico percorso tra gli elementi che ci sembrano essenziali nel modo più naturale e vicino alla passione che accomuna tutti gli artefici della Scuola, come in un “flusso di coscienza”.
Immaginate di avere a disposizione una bomba “benefica e intelligente” che, fatta esplodere in contesti particolari, contrassegnati da una profonda sofferenza degli individui che li “abitano” (le comunità per il disagio mentale, le carceri, le comunità di recupero per i tossicodipendenti, le case di riposo, i quartieri difficili di città violente e lacerate), riesca a scompaginare radicalmente certi assetti, creando, con la sua deflagrazione, inaspettati capovolgimenti esistenziali e sociali e, conseguentemente, nuovi e più funzionali equilibri.
Ecco, il teatro riesce ad essere una simile bomba. Come recitava il titolo di un evento da noi organizzato poche settimane fa per la prima presentazione pubblica della Scuola in un teatro della Sanità (quartiere popolare di Napoli tanto affascinante quanto colpito da quei fenomeni di marginalità e devianza che della teatroterapia rappresentano una delle principali indicazioni), “La vita cambia sul palco”. Tutti i protagonisti della rappresentazione teatrale, dagli attori ai collaboratori nei vari mestieri del teatro (registi, drammaturghi, scenografi, tecnici eccetera), sanno cosa significa questa frase; lo sanno, per avere sperimentato, del teatro, la sua potenza impressionante, da ogni punto di vista: l’evocazione di pensieri e emozioni di cui nella quotidianità siamo inconsapevoli o che giacciono rimossi, “sotto la cenere”; l’effetto catartico, liberatorio, dell’azione che mette in scena il trauma e il desiderio, che espone le cicatrici e le debolezze; la nascita di capacità che neanche immaginavamo di poter avere, nella parola, nel movimento, nell’espressione. Soprattutto, nel mettere insieme tutte queste cose. Integrando ciò che pareva smembrato.
Solo che quella bomba va maneggiata con cura. Chi voglia provare ad usarla deve sapere com’è fatta, quali sono le “sostanze” che la rendono così straordinariamente potente, in che modo modularne l’esplosività; ma anche chi ne siano igli eventuali destinatari, e quando e in che modo possano essere utilmente esposti alla sua “onda d’urto”.
Dunque solo una formazione meticolosa e paziente - rigorosa sul versante scientifico quanto appassionata/entusiasta su quello creativo, convinta nella divulgazione dei suoi punti di forza quanto intellettualmente onesta nel riconoscimento dei suoi limiti e nella valutazione dei suoi effetti – può davvero creare una figura di Arteterapeuta adeguata a progetti teatroterapeutici validi e affidabili.
Il nostro scopo è dunque assai ambizioso: offrire ai nostri allievi un impianto didattico che esplori le componenti della teatroterapia (e dei suoi molteplici approcci) a 360 gradi, dalla psicologia alla drammaturgia, dalla riabilitazione psico-sociale alla scrittura scenica, e, attraverso questo impianto, costruire un edificio di competenze e consapevolezze nel quale si sentano solidamente in grado di essere parte dei repentini processi di cambiamento innescati sulle tavole del palcoscenico. Anzi, di più! Di poterli coordinare e dirigere e coordinare, quei processi, fungendo da collante tra tutti gli altri suoi “attori” che non avrebbero altrimenti, senza la loro Arteterapia, la necessaria visione d’insieme.