Potere dello strumento visuale nelle arti visive

Le scene interne se non espresse diventano prigione, se espresse diventano possibilità di comunicazione empatica.

L’attivazione della telecamera diventa manifestazione d’interesse rispetto ai temi espressi dall'altro riconoscendo somiglianze e creando tessiture tra le diversità condivise.

Il tema della commistione tra rigore e flessibilità passa dall’uno all'altro e viene fissato nell’eterna contrapposizione “dover essere-voler essere”.

La gioia di godere pienamente dei propri traguardi viene costantemente contaminata dalla sensazione di dover fare sempre di più. Piacere avvelenato dal senso di colpa che si trasforma in rabbia e allontana dalla libertà di vivere.

L’azione di coltivare e difendere la sensibilità dall’invasione della violenza particolarmente percepita in questi giorni confluisce nella ricerca di equilibrio ed integrazione tra il maschile ed il femminile: forze inerenti e contrastanti.

Elogio della vecchiaia, quindi, come conquista del tempo del voler essere, finalmente liberi da ruoli e vincoli appartenenti al dover essere.

La libertà non si chiede: si prende.

Il ricco scenario che abita ognuno prende vita e trova significati e chiari messaggi nella condivisione: l’evoluzione intergenerazionale fa emergere una sorta di passaggio di testimone.

Perché questo senso di colpa?

Facciamo accomodare un amico sulla sedia vuota precedentemente posta di fronte a noi e chiediamogli consiglio. Spostiamoci poi su quella sedia per rispondere. La domanda è nostra, ma lo è anche la risposta.

Questa consapevolezza svincola dal permesso altrui, anche del terapeuta, e rende possibile l’attivazione del solo permesso realmente efficace: il proprio.

La scelta di un oggetto che rappresentasse l’esperienza vissuta ha reso ulteriormente visibile e praticabile l'integrazione di parti solitamente percepite come separate.